Sergio Maldini
Nacque a Firenze il 9 maggio 1923 da Edgardo, cesenate, e da Maria Paulovich, dalmata. La mobilità professionale del padre, funzionario dell’Intendenza di Finanza, segnò l’infanzia e la fanciullezza di M. che, dopo i primi studi presso gli scolopi di Firenze, frequentò il Ginnasio liceo Melchiorre Delfico di Teramo e, dal 1937, a Udine, dove la sua famiglia risiedette fino al 1950, il Liceo Iacopo Stellini. Al periodo udinese risale il «radicamento elettivo» (Simoncelli) di M. nel Friuli, dove volle vivere i suoi ultimi anni. I tempi del liceo, e poi degli studi universitari alla Facoltà di giurisprudenza di Trieste, furono decisivi per la sua formazione: il 1938 fu per lui come per molti suoi compagni lo spartiacque che determinò una sempre più decisa presa di distanza politico-culturale dal regime, alimentata da letture semiclandestine: Hemingway, Joyce, Pavese, Keynes, Marx. Al 1939 risalgono le sue prime prove letterarie. Nel 1941 riuscì a pubblicare una sua novella su «Il Piccolo»; dall’anno successivo su quello stesso quotidiano e poi su «Il Popolo del Friuli» di Udine e su «La Nazione» di Firenze comparvero numerosi suoi interventi di terza pagina: elzeviri, cronache culturali, recensioni letterarie e cinematografiche che attirarono l’attenzione, ammirata o polemica, sul non ancora ventenne M. Nel 1944 fu pubblicata a Trieste la raccolta di racconti Una donna ambiziosa, che riscosse l’apprezzamento di Benco e, con qualche riserva, di Pasolini che considerò il libro «un’ottima preparazione per un futuro romanzo». Nel dopoguerra, racconti di M. uscirono sul foglio «Libertà» (poi «Messaggero Veneto»). Lasciata Udine nel 1950, M. si stabilì a Bologna, dove si laureò in giurisprudenza e iniziò la propria carriera giornalistica presso il quotidiano sportivo «Stadio», pur senza alcuna propensione per lo sport: il giornalismo colto fu la sua vera vocazione. … leggi Nello stesso anno fece pervenire alla Mondadori il dattiloscritto del suo primo romanzo, I sognatori, in cui descrisse le scelte, le illusioni e i disinganni della sua generazione alla fine del regime e all’affacciarsi di una nuova realtà, deludente anch’essa. Il romanzo vinse (ex aequo) il premio Hemingway 1952, assegnato da una giuria composta da Dino Buzzati, Remo Cantoni, Giacomo Debenedetti, Alberto Mondadori, Eugenio Montale, Fernanda Pivano ed Elio Vittorini, e fu pubblicato l’anno dopo. Il premio aprì a M. le porte de «Il Resto del Carlino»; nel 1955 ebbe inizio la collaborazione al «Mondo» di Pannunzio. Nel 1961 Spadolini, direttore del quotidiano bolognese, lo inviò a Roma come corrispondente del quotidiano; nel 1964 M. vi sposò Franca Diamilla Magnelli. L’ambiente romano, con la sua «corposa democristianità», fu inviso a M.; nella sua geografia sentimentale, esso si oppone all’idealizzato Nord-Est. Giornalista culturale e di costume per lo più disincantato e ironico (Il giornalista riluttante titola significativamente la raccolta di articoli pubblicata da il Mulino nel 1968), M. fu autore di reportage dall’estero – Spagna, Israele, Unione Sovietica, Jugoslavia, Stati Uniti – altrettanto distaccati e critici. Tra il 1963 e il 1968 partecipò quattro volte al premio Teramo con dei racconti e nel 1967 con un romanzo breve, Costretto alla calma, che in successive redazioni divenne Il dilettante e da ultimo Bologna brucia, pubblicato soltanto nel 1996. Nel 1979 M. prese contatto con la contessa Giuliana Canciani Florio per l’acquisto, rogitato all’inizio del 1981, del rustico di Santa Marizza di Varmo che, ristrutturato dall’architetto Maria Antonietta Cester Toso, sarebbe divenuto la “casa a Nord-Est”. A luglio ebbe fine il rapporto di lavoro con «Il Resto del Carlino»: «addio esplicito al giornalismo come professione e sua storicizzazione nella narrativa», scrive Simoncelli. Per dieci anni, la casa e il romanzo che ad essa s’intitola crebbero insieme, quasi due facce della medesima realizzazione d’una metafora: «la casa cioè come confluenza di temi, di ipotesi varie sulla nostra cultura e la nostra esistenza […], l’antitesi tra il mondo contadino e la cultura metropolitana, la campagna e la grande città, Varmo e Roma, la solitudine della bassa friulana e il caos opprimente della capitale». Apprezzato da Cesare De Michelis, La casa a Nord-Est fu pubblicato nel 1991 da Marsilio e l’anno dopo si aggiudicò il premio Supercampiello. Il successo del romanzo fu grande, nonostante alcuni dissensi critici; tra essi quello di Elio Bartolini, il quale eccepì che «il Friuli onirico di Maldini non esiste più e non corrisponde alla realtà attuale»: ma appunto il Friuli per M. era, dichiaratamente, un’utopia, «un luogo ‘poetico’, e ‘poetica’ era la sua gente, e ‘poetici’ i suoi paesaggi sospesi sull’orizzonte». Su sollecitazione dell’editore, M. scrisse poi La stazione di Varmo, pubblicato nel 1994; la trasfigurazione narrativa della vita a Santa Marizza si intreccia con le memorie della giovinezza udinese; anche in questo, come e più che nel precedente romanzo, all’elegia (onnipresente il pensiero molesto della morte) fa da contrappunto una superiore, illuministica ironia. Decisamente parodistica invece la demitizzazione delle ideologie (marxismo, psicanalisi, femminismo) in Bologna brucia, dato finalmente alle stampe, ancora da Marsilio, nel 1996. Il 2 luglio 1998 M., colpito da ictus, morì nell’ospedale di Udine. Postume furono pubblicate le Poesie d’occasione dedicate ai familiari e agli amici. Oltre alle opere citate, vanno ricordate le antologie di articoli Il cestone (1986) e Descrizioni (1998).